∎ Speciale / Contest
17 camerini del TAM – il Teatro degli Arcimboldi di Milanp, dopo il redesign degli spazi, sono stati il teatro di una competizione tra floral designer. E ora vi raccontiamo il loro mondo.
Testi di Alice Nicole Ginosa e Daniela Stasi
Foto di Mauro Consilvo
“Bouquet in cerca d’autore”, progetto nato dalla collaborazione tra Myplant & Garden e FIORItales con il Teatro degli Arcimboldi di Milano, ha visto confrontarsi, all’interno dei 17 camerini del Teatro, il talento di ben dieci floralr designer che hanno creato – fiore dopo fiore – una composizione a tema. L’ispirazione e focus della creazione è stata il performer a cui è stato dedicato il camerino, rinnovato grazie a prestigiose firme della progettazione di interni. Dopo l’apertura al pubblico degli spazi dal 5 al 29 settembre, la redazione di FIORItales ha deciso di organizzare un contest con la sua community per decretare il bouquet vincitore. Commento dopo commento, numero dopo numero, i voti su Instagram si sono accumulati, scrutinati e dopo qualche testa a testa, finalmente il popolo di FIORItales si è espresso: ad aggiudicarsi la vittoria è stata Elena Severgnini di Les Bouquets con il camerino 16.
I partecipanti al contest
@rudycasati
@gardenia67
@boutiquedeifiori
@elisabettacardani
@floriliaflowers
@la_fiorellaia
@lesbouquets
@manifesto_flower_milano
@simonabracco.fiori
@ecoparkgardenpravettoni
Ph. Mauro Consilvio
* * * ecco le loro storie * * *
#manifestoflowers
Dal 2012 Manifesto Flowers, fondata da Bruno Bugiani e Kenneth Pope, rappresenta un’alternativa lungimirante all’idea di floral design nel capoluogo lombardo, molto sensibile alle influenze di moda e design. Marchio di fabbrica è l’uso sofisticato del colore e della trama e design singolari che denotano un passato nel fashion e settore musicale. Fondamentale l’incontro alla Scala di Milano con Gianni Versace che Bruno assiste per i costumi di un balletto. Il sodalizio si tradurrà in una collaborazione di 16 anni per il brand fino a quando si aprirà l’opportunità di entrare nel mondo della musica. Più tardi arriva Manifesto Flowers, in cui il suo fondatore richiama lo stile e la creatività derivante dalle esperienze del passato.
La tua creazione in poche parole
≪Il bouquet che abbiamo proposto è composto da rose garden, craspedia, rose blueberry, e da alcuni materiali colorati, come il solidago, montato con uno “strascico” di asparagina e calle in un vaso di murrine≫.
Come definiresti Manifesto Flowers?
≪Lo stile Manifesto Flowers è molto eclettico, il mio gusto e il mio utilizzo del colore e delle forme nasce da venti anni passati con il grande Gianni Versace che una volta disse: “Penso che sia responsabilità di uno stilista cercare di infrangere le regole”. Ho cercato di fare mia questo pensiero e trovo che oggi il flower design dovrebbe allontanarsi dal già visto e infrangere le regole per trovare nuove strade≫.
Un fiore che ti rappresenta?
≪Non mi identifico in nessun fiore in particolare, ma per i colori e le forme le orchidee Vanda sono tra le mie varietà preferite≫.
L’elfo del bosco
I fiori e le piante sono le “radici” di Rudy Casati. È, infatti, la quarta
generazione di un’attività familiare che, come precisa, «ho seguito non per
tradizione ma perché il mio lavoro è la mia vita». Formatosi alla Fondazione
Minoprio, insieme a suo fratello Alfredo e alle sorelle Francalisa e Rossella si
occupa del negozio I Fiori Di Mario e delle serre a Carate Brianza (MB), oltre a
curare allestimenti floreali per matrimoni ed eventi. Forte di un’elevata
conoscenza botanica, si occupa di arte floreale da 20 anni. All’Arcimboldi ha
allestito più di un camerino, ma quello che vuole raccontare è il numero 1.
Perché ti sei dedicato al floral design?
«Ne sono stato attirato dal punto di vista artistico ed è diventato la mia vita: ho
partecipato a numerosi concorsi e insegno arte floreale a Minoprio, in Europa e
alla Sikastone di Pechino».
Per Bouquet d’autore hai realizzato un mazzo legato…
«Sì, un mazzo parallelo che riprendeva le linee verticali del camerino: ne ho
seguito il mood scegliendo fiori preziosi, in parte raccolti nei boschi. Mi piace
lavorare sulla trasparenza con materiali che, anche nell’abbondanza, risultino
eterei».
Come ti piace definirti?
«Usando spesso materiali che raccolgo in natura, mi chiamano “l’elfo del
bosco”, una definizione in cui mi ritrovo. Per me è fondamentale creare
rispettando le leggi che esistono in natura, dove niente è a caso».
Quale fiore ti identifica?
«I fiori invernali, in particolare Il ciclamino, il fiore che la mia famiglia ha
coltivato per lungo tempo. Mi ricorda una fatina».
Raccontare con i fiori
La Fiorellaia è Cecilia Paganini, flower designer che utilizza i fiori come mezzo
espressivo per raccontarsi. La sua “casa” è Via Milano 43, spazio polifunzionale
a Brescia dove le composizioni prendono vita tra fiori freschi e ghirlande,
oggetti inaspettati e colori avvolgenti, ma dove si tengono anche corsi e
workshop. Si occupa anche della produzione di oggetti di design e
dell’allestimento floreale di eventi e matrimoni.
Ci racconti la tua composizione?
«È stata creata seguendo il progetto creativo originario: un camerino con luci e
dettagli rossi racchiusi in un contesto minimal sui toni del grigio. Un’identità
vicina a quella della Fiorellaia, per cui la composizione era di fiori rossi (rose,
amaranto, Anthurium) per valorizzare l’idea del designer. Tuttavia, al momento
del posizionamento il progetto era molto diverso»
Come ti piace definirti?
«Ho una visione personale di questa professione, proprio per questo non amo
definirmi. Il fiore è l’elemento che utilizzo per descrivere ciò che sono e i vari
momenti di vita, per raccontare le persone che si affidano a me. La mia
azienda e le mie creazioni assomigliano molto a me e alle persone che ne
fanno parte e credo sia proprio questa visione che ci ha permesso di essere
ben riconoscibili e di non tradirci mai».
In quale fiore ti identifichi?
«Ho difficoltà nella scelta di un fiore che mi rappresenti. Ci sono periodi in cui
mi sento più vicina a una specie, e altri in cui mi sento vicina a un’altra, sono
tutte meravigliose e amo utilizzarle per la loro diversità. Per il logo La Fiorellaia
ho scelto il tulipano: è uno dei fiori che più amo e che mi ricorda le mie radici.
La mia passione è nata nel giardino dei miei nonni e mio nonno collezionava
questi fiori già negli anni ‘50».
#floriliaflowers
Su Instagram con l’account Florilia Flowers, Mirco Colzani ed Elia Camossi, hanno avviato con entusiasmo e passione una piccola attività di design floreale in attesa di raccogliere i primi frutti. Entrambi formati presso Fondazione Minoprio e con un’esperienza in Australia in una grande azienda biologica nel settore del giardinaggio, Elia e Mirco hanno le idee molto chiare sul loro percorso e sul significato del fiore nella loro arte, a cavallo tra sostenibilità e attenzione al digitale. Ora scoprirete perché.
Chi è Florilia?
≪Ci siamo immersi in questa avventura del design floreale piano piano, aprendo inizialmente solo il canale Instagram per capire il sentimento della clientela. Coltiviamo i fiori insieme noi in prima persona, nei nostri due giardini e in un piccolo terreno al momento, ma vorremmo estendere a nuove specie. I mazzi che realizziamo sono coltivati da noi o recuperati dalla natura, seguendo il buon senso: secondo noi i fiori devono necessariamente essere locali e di stagione. Ci adattiamo alla natura, anche se per molti può sembrare limitante, e questo ci permette di apprezzare di più quello che abbiamo a disposizione e di aspettare con più interesse quello che arriverà nella stagione successiva≫.
Come definireste il vostro stile?
≪La nostra ispirazione è il bosco e gli ambienti selvaggi e naturali, dunque imperfetti. Riconosciamo di non avere tecnica nella composizione, ma al momento siamo contenti e abbiamo la consapevolezza di voler imparare. Il nostro è uno stile libero che si basa su quello che il nostro giardino produce per noi≫.
Avete iniziato da poco: progetti in cantiere?
≪Possiamo vantarci di essere i pionieri nella digitalizzazione di alcune opere, per cavalcare l’onda attuale e futura, con l’utilizzo di blockchain e NFT. Le opere vengono fotografate in studio, proposte in edizione super limitata di 50-100 pezzi e vendute su piattaforme specializzate con criptovaluta. Una modalità alternativa per essere sostenibili≫.
Florilia in breve
Stile Spontaneo – Ispirazione dalla natura – Informalità – Fiori di stagione e locali
Facciamo “accadere le cose”
Organizzazione eventi e laboratorio floreale. Elisabetta Cardani definisce così la
sua realtà, che porta il suo nome e che, come racconta, fa “accadere le cose”.
Come? Collaborando con significative realtà̀ della moda, dello spettacolo, della
fotografia e dell’editoria, progettando e realizzando allestimenti principeschi in
Arabia Saudita, componendo scenografie fiorite per il Teatro alla Scala,
interpretando luoghi preziosi per importanti cene di gala.
Ci sveli il vostro bouquet d’autore?
«La nostra creazione raccontava il concetto di passato, presente e futuro.
L’enfasi, tema del camerino realizzato da Nick Maltese, era nella dimensione,
mentre il materiale vegetale naturale ed essiccato escludeva la repentina
caducità̀ del fiore, indicando così la via dell’eternità. Il design delle forme
indicava la modernità contemporanea di una natura riscoperta».
Qual è il vostro stile floreale?
«Siamo un team di creativi e la nostra ricchezza è quella di poter spaziare in
varie direzioni di stile, mantenendo sempre la ricerca dell’equilibrio,
dell’eleganza, anche negli elaborati più semplici».
In quale fiore vi identificate?
«Non vogliamo avere un fiore specifico che ci identifichi, ogni fiore è
meraviglioso. Sentiamo un’affinità con il girasole, un fiore “magico” per la sua
vitalità. Il girasole segue e assorbe continuamente luce ed energia per
restituirle in forma di semi. Come il girasole, anche noi seguiamo la fonte di
luce più intensa, cogliendo le tendenze moda e ispirandoci alle novità. La
nostra esperienza è come il nostro amico girasole, destinata a dare buoni
frutti»
Armonie e contrasti
Marco Introini ha seguito le orme di famiglia occupandosi del negozio di fiori a
Gallarate (VA) fino a qualche anno fa, poi ha deciso di fare il floral designer
freelance e il formatore. Tra le sue specialità, i grandi allestimenti per fiere ed
eventi, che lo portano in giro per tutta Europa.
Hai allestito tre camerini al Teatro Arcimboldi, di quale ci vuoi parlare?
«Del camerino 11, realizzato dallo studio wok. Ho voluto giocare con armonie e
contrasti: i garofani disposti a cerchio erano in armonia con la forma del
lampadario, mentre il fucsia dei fiori creava contrasto con il piano blu. Inoltre,
riflesso nello specchio, il bouquet diventava dinamico, evocando il simbolo
dell’infinito».
Qual è il tuo stile floreale?
«Fatico a definirmi dal punto di vista stilistico. Mi piace lavorare con le forme
geometriche, in certi casi aiutano a dare forza all’espressione floreale. Cerco
sempre di creare un gioco di luci e di equilibri».
Qual è il fiore che più ti piace?
«La gardenia è uno dei fiori che mi piace di più perché, recisa, è bellissima con
una vita brevissima: chi fa il mio lavoro è abituato a confrontarsi con l’effimero,
è il gioco del mio mestiere. E la gardenia è di una bellezza sfolgorante,
istantanea».
“Sono un’artigiana del fiore”
Simona Bracco inizia a lavorare nel mondo del fiore nella ditta all’ingrosso dei suoi genitori per poi ampliare il suo raggio di azione anche al settore eventi e allestimenti soprattutto per la moda. Ha partecipato al nostro contest con il bouquet del camerino 15 del Teatro degli Arcimboldi. Ecco com’è andata.
Raccontaci la tua creazione
≪Tutto è partito con il vaso che avevamo in dotazione che di per sé era molto particolare: stretto e allungato. Avevo bisogno di fiori slanciati con uno stelo lungo e in più, essendo settembre, c’erano disponibili solo determinate tipologie come le ortensie, le bacche di rosa, e l’eremurus. Si prestavano tutti al compito e in camerino ho cercato di richiamare il concetto di eleganza. I colori sono stati concordati con l’architetto, che voleva l’arancione da accostare al marmo rosa del camerino≫.
Il tuo stile floreale?
≪Amo uno stile naturale che richiami quello che la natura offre. Non mi faccio imbrigliare da schemi, materiali artificiali e colorati. Mi piace semplicemente dare importanza al fiore nudo e crudo nel suo essere, senza piegarlo≫.
In quale fiore ti identifichi?
≪Il mio fiore preferito è la Peonia. Mi piacciono i fiori morbidi che danno allegria quando li si guarda. Non mi piace la rigidità o le varietà troppo moderne≫.
Tre parole chiave
Fiori di stagione – Sostenibilità – Ascolto del cliente
Flower designer per amore
La storia di Enrico Castelli potrebbe diventare la trama di un racconto. Proprio
così. Dopo avere sperimentato diversi lavori, sceglie di lavorare nel negozio dei
suoceri, Boutique dei Fiori, aperto a Castel San Giovanni, nel piacentino, 53
anni fa. Ben presto s’innamora di questa professione e non solo non la lascia
più, ma dal 1985 ci si dedica anima e corpo partecipando a concorsi italiani ed
europei (è campione italiano Federfiori). La bottega di famiglia nel mentre si è
trasformata, oggi è anche uno showroom e si occupa di allestimenti per
matrimoni ed eventi.
Il tuo bouquet?
«Ho voluto realizzare un bouquet molto vegetativo, spontaneo, un mazzo
futuristico. I fiori erano legati da rami di salice, tra i quali ho inserito i tubi in
plastica nera usati dagli elettricisti, recuperati per dare loro una seconda vita:
questi fungevano da supporto, li ho usati come fossero fiale attraverso cui
uscivano i gambi e si immergevano nell’acqua. Mi sono ispirato al camerino, ai
suoi colori. Era composto da: Cotinus, Heliconia, Amaranthus caudatus, calle e
Anthurium».
Cos’è fondamentale nel tuo lavoro?
«Realizzare composizioni che rispecchino (e rispettino) la natura in tutta la sua
semplicità. Per questo uso molto materiali di recupero».
Fiore prediletto?
«Tutti i giorni non siamo uguali, così credo di non ho avere un fiore preferito.
Ma se proprio devo scegliere, i muscari e le peonie».
Voce del verbo “pasticciare” con i fiori
Dal febbraio 2020, Valentina Ceriani è ufficialmente una floral designer, oltre ad essere in prima linea nel mandare avanti il garden center di famiglia, Ecopark Garden Pravettoni. Il titolo, conseguito dopo gli studi necessari, l’ha portata, proprio come lei ci tiene a precisare, a “un punto di arrivo e di partenza al tempo stesso”. L’urgenza di continuare a sperimentare e lavorare in questa direzione l’ha spinta anche a iscriversi al laboratorio di Federfiori, “un’occasione per confrontarsi con i colleghi e pasticciare insieme”. Mentre si racconta, Valentina sceglie consapevolmente il verbo “pasticciare” e mi sembra un buon modo per descrivere l’arte di plasmare i fiori. La sua, se vogliamo dirla tutta, è stata una doppia sfida: le sono stati affidati ben due camerini. Non resta che scoprire come se l’è cavata.
Sei stata una delle poche ad avere due camerini: come è andata?
≪Un lavoro in corsa, potrei dire, che ho realizzato praticamente da casa ma a dirla tutta è stato molto divertente. Quando si crea normalmente si agisce senza un vincolo – quando si prepara un bouquet per un cliente non ho quasi mai il vincolo del colore o dell’arredamento -, in questo caso invece è stato bello applicare tutte le regole: stile dell’arredo, colore, vaso già predefinito. Insomma, è stato davvero sfidante≫.
Raccontaci i due bouquet
≪Ho scelto sulla base della stagione ma soprattutto tenendo a mente il colore. Per me nel fiore reciso è fondamentale l’aspetto cromatico perché è quello che emoziona maggiormente. Chiaramente le regole sostengono anche gli abbinamenti e l’effetto finale. Viviamo in un momento storico e culturale particolare per cui credo che la differenza in questo momento sia proprio data dagli abbinamenti giusti e dai colori caldi. In uno dei camerini c’erano toni scuri e ho deciso di lavorare con il bianco e con dei colori tra il rosa e il rosa antico mentre il secondo camerino, che era incentrato sulla palette dell’arancione, mi ha ispirata a optare per un mix tra blu e arancio, appunto≫.
Cosa prediligi in una composizione?
≪Sono per l’originalità, che a volte può essere tradotta con una semplicità e classicità rivisitata con un dettaglio minimo. Ho uno stile essenziale, non amo l’opulenza: tre fiori messi nel posto giusto, come per esempio gli alium all’interno di un vaso particolare, sono perfetti. Amo anche i contrasti di colore. Direi che prediligo composizioni essenziali con contrasto≫.
La fiorista innamorata
Elena Severgini, è lei la vincitrice del Contest che vi stiamo raccontando – leggi l’intervista completa in apertura alla newsletter. Con la sua creatività ha conquistato il popolo di Instagram, convincendo anche molti operatori del settori. Si definisce “fiorista innamorata”, perché è la passione che la muove in questo suo mestiere. Quella stessa passione che, circa tre anni fa, l’ha portata ad aprire uno spazio creativo all’interno di una vecchia officina meccanica in provincia di Cremona: è qui che traduce le sue ispirazioni in composizioni dallo stile unico. Il suo.
Cosa vuol dire avere un piccolo negozio di paese?
≪La fioreria, anche se è in un paesino piccolo, vuole essere la quintessenza del
mio gusto estetico. All’inizio ho preso delle campionatura che andavano di moda
qui però mi rendevo conto che non vendevo quello che non mi piaceva e non era
in linea con me. Il mio animo commerciale si scontrava con il mio gusto. Nel
corso degli anni, invece, sono riuscita a insegnare al mio pubblico a definirsi
insieme a me. Un grande cambiamento è avvenuto circa tre anni fa quando da
negozio tradizionale di paese, ho deciso di prendere un’officina. Il mio spazio è
all’interno di un’officina meccanica che esternamente ha mantenuto proprio
quelle caratteristiche. Non abbiamo vetrine ma solo un piccolo porticato≫
Parliamo dell’esperienza all’Arcimboldi: come è andata?
≪Questo contest è stato una bella scoperta! Quando ho visto i marchi presenti
nella ristrutturazione dei camerini mi è saltato subito all’occhio Molteni Dada, un
brand che nella prima precedente carriera come arredatrice d’interni vendevo.
L’ho visto come un segno, come un collegamento. Per preparare il bouquet
invece mi sono messa a guardare la palette colori proposta dagli architetti per il
camerino 16 che aveva il nome di “Fuori dalle righe”. Anche il nome del
camerino 16 mi ricordava qualcosa: è sempre stata la definizione che mi
rivolgeva mia mamma! Mi ha sempre detto di essere diversa dal sistema
“campagnolo” da cui provengo. La grande ispirazione per il bouquet presentato è
stato il colore: i mattoni e i verdi mi hanno dato il la!≫.
Qual è il tuo stile?
≪Nel mondo del fiore sono certa che ci siano moltissime persone più brave di
me. Detto ciò, credo di essere, perlomeno nel mio territorio, non convenzionale.
Cerco sempre di reperire e proporre fiori più particolari, che probabilmente in
città sono scontati ma qui no. Tendenzialmente, per riassumere, il mio stile è
naturale e preferisce materiali semplici, anche nei matrimoni≫.
ecco tutte le creazioni in gara nel contest
Ph. Mauro Consilvio