∎ STORIE
È il motto di Erica Cherubini, che ci ha raccontato la sua esperienza. Nata come fioraia, oggi è diventata coltivatrice di fiori per realizzare composizioni dallo stile campestre
di Francesco Tozzi
Nel 2021 festeggia i suoi 25 anni da fioraia e tra le tante esperienze che ha intrapreso nel settore del florovivaismo, comporre fiori è rimasta una costante. Sempre. Lei è Erica Cherubini, eclettica, fantasiosa, creativa. Concreta. “In questi 25 anni si sono alternati periodi nei quali lavorare coi fiori era la mia attività prevalente, altri in cui avrei voluto appendere il coltellino – unico strumento al quale non rinuncio quando lavoro coi fiori – al chiodo. E per fortuna che non l’ho fatto, perché quest’anno si è realizzato un sogno che portavo in cuore da tanto”, mi ha raccontato Erica durante la visita alla sua cascina. Una cascina del 1850 con annesso un terreno di oltre 8mila metri quadrati, dove Erica può sperimentare e coltivare direttamente i propri fiori, che utilizza poi per realizzare splendidi mazzi e composizioni. “L’avventura della coltivazione del reciso è nata grazie a una serie di connessioni non proprio pianificate… Infatti, si inserisce in un progetto di più ampio respiro che si ricollega al concetto di agricoltura rigenerativa – ci spiega Erica – e la coltivazione dei fiori recisi calzava a pennello, soprattutto sapendo quale sia la ricaduta sull’impatto ambientale che la gestione di questi prodotti comporta”.
“Cerco la bellezza dei fiori nella loro imperfezione, perché quello di standardizzare l’offerta, come fanno molti, non è nei miei obiettivi”
Così, per Erica, la coltivazione dei fiori recisi ha preso il via grazie a una rete di conoscenze, grazie alle quali il progetto il progetto prende forma. A partire da Gabriele Cantaluppi, un aspirante cacciatore di piante, per chi non lo conoscesse. “Con Gabriele ci siamo conosciuti solo cinque mesi fa, ma è stata intesa a prima vista: condividiamo una passione ossessiva per le piante e per i sogni impossibili”. Grazie al contributo di Gabriele, nei campi della cascina, è stato possibile testare e coltivare le più comuni varietà di fiori conoscete da esperti flower farmer, come zinnie, dalie, Cosmos e girasoli. Ma nel frattempo, Erica e Gabriele, hanno lavorato per selezionare una nuova collezione sperimentale, di cui non ci vogliono anticipare niente… Ma la nostra curiosità, ci farà tornare sull’argomento.
Gabriele non è stata l’unica persona a supportare il progetto di Erica, a conferma di quanto fare rete in questo settore sia fondamentale. “Così, una mattina di giugno verso le sette, avevo fatto il mio primo raccolto di fiori dal campo e l’idea era quella di portarli a casa, fotografarli e iniziare a raccontare la mia nuova attività. Il baule della macchina era stracolmo e allora ho deciso di mandare una foto a Nicola – Nicola Falappi, titolare di Studio40, ndr – che ha subito voluto che li portassi nel suo studio…”. Oggi, Nicola Falappi, che collabora con Erica da diversi anni, sostiene il progetto anche attraverso il suo profilo Instagram e l’hashtag #tifacciounmazzo. E tra le persone che stanno accompagnando Erica in questo “nuovo” percorso, c’è anche Daniele Signori, presidente dell’associazione Piantumazione Selvaggia, “una fonte inesauribile di informazioni sulle materie de pratiche agronomiche.
Le cose semplici a Erica non sono mai piaciute, dice che è nella complessità che ci si evolve. Cosa ti aspetti da questa esperienza?, le domando. “L’esperienza di coltivatrice è per me ancora tutta da scrivere. Ogni giorno imparo cose nuove, sperimento e cerco bellezza, seguendo i principi della sostenibilità e della rigenerazione. Cerco la bellezza dei fiori nella loro imperfezione, perché quello di standardizzare l’offerta, come fanno molti, non è nei miei obiettivi”. E infatti Erica esprime nelle sue composizioni uno stile campestre, semplice ma ricercato, senza inventare niente, ma osservando ciò che la natura può offrire e reinterpretandolo in nuove forme e composizioni, che diventano poi emozioni. Ma non ci si improvvisa, “perché per fare questo lavoro c’è bisogno di formazione, di tecnica. La creatività e lo stile personale arrivano con gli anni, ma saper gestire i fiori, i materiali nelle varie fasi di lavorazione implica conoscenza e non sono molte le scuole che preparano davvero i fiorai sotto il profilo gestionale e operativo. C’è bisogno di imparare, di fare sacrifici. Non è tutta poesia”.
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